Oscar Piattella

I Muri

Esposizione Permanente

a Cantiano nel Centro Multimediale

Recensioni

IL "SEGNATORE" DEL TEMPO

…. Memoria e materia: materializzazione della materia e memorizzazione della materia. Il tutto trapassa nel presente, in quanto vive (o "ri-vive" vivendo) nella dimensione diacronica dell’umano per riproporsi nell’esperienza sincronica dell’uomo al rispecchiamento anteriore di se stesso. Così l’uomo diviene testimone dell’umana presenza : cioè del proprio totalizzante "essere presente" nel tempo, appunto segnando il tempo della vita per sognare la vita senza tempo … Già in sospensione. Apparentemente. Ma il tempo interagisce nello spazio poiché ciascun momento produce movimento; ed è l’energia sincronica di questa "coazione a ripetere" a determinare la compresenza di tempo e di spazio nella dimensione diacronica, quindi evolutiva dell’umano riproducibile nell’uomo, nei “segni dell’uomo”.

Il tempo del fare, dell’agire, del costruire : questa è la "segnatura" archetipica del tempo umano. Lo spazio del luogo, dell’abitare, del vivere questa è l’appropriazione rituale della spazio gestito dall’uomo: tempo e spazio non sono entità statiche, valori assoluti e astratti: sono realtà del "pensare nel fare" che pervengono a una concezione unitaria ma pur sempre relativa (al riscontro di "qualcuno" e di "qualcosa"), attraverso i referenti testimoniali (diacronici e sincronici) del vissuto. Ma l’esperienza del vissuto può essere riproducibile nel presente, come "valore del presente". Dipende dalla dinamica spazio temporale della riproducibilità, quale riflessione dell’"essere presente" al rispecchiamento archetipico (non archeologico) dell’"essere stato", se vogliamo riconoscere nel "prima" l’antesignano o, meglio, il primogenio del nostro presente in viaggio verso il “dopo” con le stigmate immemorabili che stratificano il palinsesto della storia sempre contemporanea a noi stessi. Per essere presenti: totalmente. Segnare il tempo per sognare la vita nello spazio della memoria, riproducendo la realtà del "pensare nel fare". Addirittura scombinare l’assenza di comprensione, ritrovando intuitivamente la presenza del segno conoscente, a vista, in presa diretta.

Materializzare la memoria, memorizzare la materia: attraverso i reperti di un "eterno presente". E’ la premessa, dianzi ontologizzata, all’operatività di Oscar Piattella, il "segnatore" del tempo. E il preludio ontologico ( conoscenza germinale dell’essere in sé ) non vuole affatto anteporre la speculazione filosofica all’estetica combinatoria di una procedura artistica ma,semmai. fornire un supplemento di indagine per quella sorta di "adescamento rituale" che informa l’opera di Piattella dal 1978 ad oggi. Questo in termini di proliferazione crescente di risultati "in mostra", conseguiti attraverso la campionatura segnico-muraria a scartamento spaziotemporale che l’artista ha significativamente concertato "su misura", richiamandosi all’ontogenesi della propria formazione cultuale ( miti e riti ) e culturale ( valori plastico-pittorici )…

Miklos N. Varga

 

Todi, nell'atelier di Piero D'Orazio

 

Tre frammenti del catalogo della mostra a Palazzo Gradari a Pesaro nel 2002

 

L’OFFICINA DELLE METAMORFOSI

… Oscar Piattella vive e lavora a Cantiano, un borgo che la via Flaminia incrocia dopo aver infilato il Furlo e allargato il cammino nella vallata di Cagli. A Cantiano, la valle si restringe, d’un tratto, il paesaggio attorno s’inerpica sulle due sponde quasi entrassimo in una vallata alpina. Sulla destra, si rinserra il Monte Petrano, sulla sinistra si alza la veloce il Monte Acuto e il Catria stesso. La pietra domina questa forcella, pietra bianca dell’Acqualagna, roccia robusta come dicono i due ponti romani che da secoli stanno sdraiati nella valletta del Candigliano. Il pomeriggio, la luce presto esilia: e il sole filtra per lame brillanti sempre più alto, scoprendo pascoli scabri e arbusti tormentati dal vento. Mi impressiona trovarmi sotto il Catria, che io ritengo un’alpe sacra e non tanto per il ricordo di Dante, ma per essere quel sasso binato e puntuto che si vede dal mare, alla foce del Metauro, e da Urbino. E anche dall’aereo quando la prima neve l’ha incappucciato. Il Catria si tinge di rosa al primo sorgere del sole, e cosi lo vedeva Baldassar Castiglione spalancando le finestre del Palazzo di Urbino sulle ultime battute del Cortigiano.

Questa storia di Cantiano, dei monti rosati, dei raggi del primo e dell’ultimo sole che filtrano in alto, è qualcosa di più che un’ambientazione. Se Piatella, pesarese e farmacista, è salito fin quassù dopo aver tanto amato Parigi e girato per Milano, ci deve essere una ragione. Libri e depliants, la letteratura critica non scarsa dedicata all’artista, sono tutti molto costruiti su queste prospettive. Poeti e scrittori, amici e partigiani di Piattella, sono legati alla natura della montagna. Il fatto è che l’ambiente, questo ambiente è lui stesso una riserva satura di segni, di scheggiature, di colori e di vento………

Andrea Emiliani

 

Bozzetto "Alberi nella Luce" - 2001

 

……. STRADE INTORNO A CANTIANO

Questi valloni, queste colline cosi ben proporzionate. Sono la via verso una bellezza che va oltre quella del mondo? Ma le strade che le seguono, che le attraversano - che rilevano – non ne traggono questa lezione. Esse prendono la forma naturale nelle loro mani, la ricurvano verso di loro, vi aggiungono questa parte di significato per la vita che garantirà loro, in questo tempo delle opere d’arte, un secondo grado di presenza…..

E questi quadri a Cantiano, questi quadri Oscar Piattella? Non c’è dubbio, certo che sono la "roccia, i carboni, il ferro" riconosciuti, raccolti, radunati, curati con l’occhio del pensiero e del cuore come l’arte di un tempo, ereditata dagli Antichi, e platonica come spesso, non sapeva o pensava che non fosse utile farlo. E’ certo che oggi, dove tante convinzioni e valori si sono rilevati illusori, si deve far apparire questo immediato, e porne il problema, che è quello delle fami, delle impazienze del corpo. Bisogna ricordarsi che è importante che si "vada" all’elementare, se si vuole una verità che non sia una finta saggezza, e illusione se non addirittura menzogna.

Ma il lavoro di Piattella non è da meno, mentre curva questa materia che ha tra le mani secondo la sua intuizione, plasmandola come fa l’antico vasaio quando modella l’argilla: facendone la sua opera, che è una forma, evidentemente, alla ricerca di se. E avendovi in più conservato, con tutta coscienza, ciò che dice l’esterno, la notte, il non umano, il silenzio, questa forma in divenire ha tutte le possibilità di rimanere esistenza quanto figura, verità e insieme bellezza, come le porte qui o là nella vicina Gubbio.

E’ armonia con quelle, che sono altre corde per la musica che si può sognare per la vita. E che si esca dall’atelier, che si posi sulla soglia uno dei quadri del nostro amico di Cantiano, che si alzi lo sguardo allora: si vedrà che la realtà che ha importanza, quella del mondo umanizzato, abitabile, riconosce bene questo quadro, l’accoglie graziosamente nella sua luce.

Yves Bonnefoy

Oscar Piattella nello studio di Yves Bonnefoy

 

UN TRANSITO VERSO LA LUCE

… Un passo ulteriore è riconoscere come la materia – e a questo punto possiamo dire la materia insieme al suo colore – di Piattella abbia sovente un’origine, fattuale o concettuale, nella natura: in quella natura – fatta di mari e di fiumi, di boschi e di arature, di profili di monti o di cortecce d’alberi – che Piattella ha lungamente guardato, conosciuto. Pensato, immaginato, scoprendola intorno a sé, nella terra in cui ha avuto i natali e in cui vive, giorno dopo giorno, con immutato amore. Natura che altre volte s’è ripiegata sulla sua pittura regalandole le forme, nitidamente delineate e quasi architettoniche, del suo immaginario più costruttivo. Ma, poiché Bechelard ha scritto che "le forme si concludono. Le materie mai"; e poiché Piattella conosce e ama Bechelard, era giusto e fatale che nella sua natura Piattella, in questa stagione matura dove tutto precipita verso la sua ultima verità, egli cercasse e trovasse non solo una figura ( un ordine: sia esso quello d’una struttura geometrica, dell’incrocio fra una ascissa e un’ordinata, o della semplice linea dell’orizzonte), ma la sostanza stessa della sua pittura: la sua materia, e con essa il suo cuore.

Infine: ho ascoltato con gioia Piattella attestare come la sua ricerca, oggi, cerchi, forse prima ancora che quella della materia, il mondo della luce. Perché mi pare che un ultimo slancio questa sua pittura recente venga dal termine d’assolutezza che la luce sa donare a chi l’insegue.

Fabrizio D’Amico

Romilly, 1986
Nanni Valentini e Oscar Piattella